I testi sono estratti dal
Aula Vecchia del Sinodo
Martedì, 28 ottobre 2014
Buttare lì qualcosa (Giorgio Gaber)
Ho visto aiutare chi sta male, sperare in un mondo piu’ civile ; ho visto chi si sa sacrificare, chi e’ sensibile al dolore ed ho avuto simpatia.
Ho visto tanti figli da educare e gente che li cresce con amore. Ho visto genitori comprensivi ed insegnanti molto bravi pieni di psicologia.
Ma non ho visto mai nessuno buttare li’ qualcosa e andare via.
Ho visto tanti giovani lottare di fronte alla violenza del potere. Ho visto tanti giovani impegnati, militare nei partiti con la loro ideologia.
Ma non ho visto mai nessuno buttare lì qualcosa e andare via.
Ho visto farsi strada una tendenza : si parla di politica e coscienza. Ho visto dar valore ai nostri mali, anche ai fatti personali, teorizzare anche Maria.
Ma non ho visto mai nessuno buttare lì qualcosa e andare via.
Diffondere e insegnare la conoscenza, imporre a tutti i costi la propria esperienza. Guidare, guidare per farsi seguire, opporsi al potere, infine riuscire a cambiare il potere.
Decidere per gli altri dentro a una stanza, sapersi organizzare con molta efficienza. Guidare, guidare per farsi seguire, opporsi al potere, cambiare per poi reinventare il potere. Il potere.
E non ho visto mai nessuno buttare lì qualcosa e andare via.
Lettura
I poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa ! Non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. Non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso. Voi sentite che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti ; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare.
Solidarietà è una parola che non sempre piace ; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire ; ma una parola è molto più di alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro : i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti di voi subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare.
Non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività, lo si nega o, peggio ancora, si nascondono affari e ambizioni personali : Gesù le definirebbe ipocrite. Che bello invece quando vediamo in movimento popoli e soprattutto i loro membri più poveri e i giovani. Allora sì, si sente il vento di promessa che ravviva la speranza di un mondo migliore. Che questo vento si trasformi in uragano di speranza. Questo è il mio desiderio.
È strano, ma se parlo di questo per alcuni il Papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui si deve lottare, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa.
Nina ti te ricordi (Gualtiero Bertelli)
Nina ti te ricordi quanto che gavemo messo a andar su ’sto toco de leto insieme a far a l’amor.
Sie ani a far i morosi a strenserla franco su franco e mi che sero stanco ma no te volevo tocar.
To mare che brontolava « Quando che se sposemo » ; el prete che racomandava che no se doveva pecar.
E dopo se semo sposai che quasi no ghe credeva te giuro che a mi me pareva parfin che fusse un pecà.
Adesso ti speti un fio e ancuo la vita xe dura a volte me ciapa la paura de aver dopo tanto sbaglià.
Amarse no xe no un pecato, ma ancuo el xe un lusso de pochi e intanto ti Nina te speti e mi so disocupà. E intanto ti Nina te speti e mi so disocupà.
Lettura
Terra. All’inizio della creazione, Dio creò l’uomo custode della sua opera, affidandogli l’incarico di coltivarla e di proteggerla. Vedo che qui ci sono decine di contadini e di contadine e voglio felicitarmi con loro perché custodiscono la terra, la coltivano e lo fanno in comunità. Mi preoccupa lo sradicamento di tanti fratelli contadini che soffrono per questo motivo e non per guerre o disastri naturali. L’accaparramento di terre, la deforestazione, l’appropriazione dell’acqua, i pesticidi inadeguati, sono alcuni dei mali che strappano l’uomo dalla sua terra natale. Questa dolorosa separazione non è solo fisica ma anche esistenziale e spirituale, perché esiste una relazione con la terra che sta mettendo la comunità rurale e il suo peculiare stile di vita in palese decadenza e addirittura a rischio di estinzione.
L’altra dimensione del processo già globale è la fame. Quando la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti trattandoli come una merce qualsiasi, milioni di persone soffrono e muoiono di fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile. So che alcuni di voi chiedono una riforma agraria per risolvere alcuni di questi problemi e, lasciatemi dire che in certi paesi, e qui cito il compendio della Dottrina sociale della Chiesa, “la riforma agraria diventa pertanto, oltre che una necessità politica, un obbligo morale” (CDSC, 300).
Non lo dico solo io, ma sta scritto nel compendio della Dottrina sociale della Chiesa. Per favore, continuate a lottare per la dignità della famiglia rurale, per l’acqua, per la vita e affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra.
Il vecchio ed il bambino (Francesco Guccini)
Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera ; la polvere rossa si alzava lontano e il sole brillava di luce non vera ; l’immensa pianura sembrava arrivare fin dove l’occhio di un uomo poteva guardare ; e tutto d’intorno non c’era nessuno, solo il tetro contorno di torri di fumo.
I due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e piano piangeva ; con l’anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati ; i vecchi subiscon l’ingiuria degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni ; i vecchi non sanno, nel loro pensiero, distinguer nei sogni il falso dal vero.
E il vecchio diceva, guardando lontano, immagina questo coperto di grano ; immagina i frutti e immagina i fiori e pensa alle voci e pensa ai colori ; e in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde ; cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni.
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste e gli occhi guardavano cose mai viste ; e poi disse al vecchio, con voce sognante : "Mi piaccion le fiabe raccontane altre".
Lettura
Secondo, Casa. L’ho già detto e lo ripeto : una casa per ogni famiglia. Non bisogna mai dimenticare che Gesù nacque in una stalla perché negli alloggi non c’era posto, che la sua famiglia dovette abbandonare la propria casa e fuggire in Egitto, perseguitata da Erode. Oggi ci sono tante famiglie senza casa, o perché non l’hanno mai avuta o perché l’hanno persa per diversi motivi. Famiglia e casa vanno di pari passo ! Ma un tetto, perché sia una casa, deve anche avere una dimensione comunitaria : il quartiere ed è proprio nel quartiere che s’inizia a costruire questa grande famiglia dell’umanità, a partire da ciò che è più immediato, dalla convivenza col vicinato. Oggi viviamo in immense città che si mostrano moderne, orgogliose e addirittura vanitose. Città che offrono innumerevoli piaceri e benessere per una minoranza felice ma si nega una casa a migliaia di nostri vicini e fratelli, persino bambini, e li si chiama, elegantemente, “persone senza fissa dimora”. È curioso come nel mondo delle ingiustizie abbondino gli eufemismi. Non si dicono le parole con precisione, e la realtà si cerca nell’eufemismo. Una persona, una persona segregata, una persona accantonata, una persona che sta soffrendo per la miseria, per la fame, è una persona senza fissa dimora ; espressione elegante, no ? Voi cercate sempre ; potrei sbagliarmi in qualche caso, ma in generale dietro un eufemismo c’è un delitto.
Viviamo in città che costruiscono torri, centri commerciali, fanno affari immobiliari ma abbandonano una parte di sé ai margini, nelle periferie. Quanto fa male sentire che gli insediamenti poveri sono emarginati o, peggio ancora, che li si vuole sradicare ! Sono crudeli le immagini degli sgomberi forzati, delle gru che demoliscono baracche, immagini tanto simili a quelle della guerra. E questo si vede oggi.
Sapete che nei quartieri popolari dove molti di voi vivono sussistono valori ormai dimenticati nei centri arricchiti. Questi insediamenti sono benedetti da una ricca cultura popolare, lì lo spazio pubblico non è un mero luogo di transito ma un’estensione della propria casa, un luogo dove generare vincoli con il vicinato. Quanto sono belle le città che superano la sfiducia malsana e che integrano i diversi e fanno di questa integrazione un nuovo fattore di sviluppo ! Quanto sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che uniscono, relazionano, favoriscono il riconoscimento dell’altro ! Perciò né sradicamento né emarginazione : bisogna seguire la linea dell’integrazione urbana ! Questa parola deve sostituire completamente la parola sradicamento, ora, ma anche quei progetti che intendono riverniciare i quartieri poveri, abbellire le periferie e “truccare” le ferite sociali invece di curarle promuovendo un’integrazione autentica e rispettosa. È una sorta di architettura di facciata, no ? E va in questa direzione. Continuiamo a lavorare affinché tutte le famiglie abbiano una casa e affinché tutti i quartieri abbiano un’infrastruttura adeguata (fognature, luce, gas, asfalto, e continuo : scuole, ospedali, pronto soccorso, circoli sportivi e tutte le cose che creano vincoli e uniscono, accesso alla salute — l’ho già detto — all’educazione e alla sicurezza della proprietà.
Il ragazzo della via Gluck (Adriano Celentano)
Questa e’ la storia di uno di noi anche lui nato per caso in via Gluck, in una casa fuori città, gente tranquilla che lavorava. Là dove c’era l’erba ora c’e una città e quella casa in mezzo al verde ormai, dove sarà.
Questo ragazzo della via Gluck, si divertiva a giocare con me ; ma un giorno disse : "vado in città" e lo diceva mentre piangeva.
Io gli domando : "amico non sei contento ? vai finalmente a stare in città ; là troverai le cose che non hai avuto qui, potrai lavarti in casa senza andar giù nel cortile".
"Mio caro amico" disse "qui sono nato e in questa strada ora lascio il mio cuore ; ma come fai a non capire che e’ una fortuna per voi che restate a piedi nudi a giocare nei prati, mentre là in centro io respiro il cemento. Ma verrà un giorno che ritornerò ancora qui e sentirò l’amico treno che fischia così ... "ua ua".
Passano gli anni, ma otto son lunghi, però quel ragazzo ne ha fatta di strada ; ma non si scorda la sua prima casa, ora coi soldi lui può comperarla ; torna e non trova gli amici che aveva, solo case su case, catrame e cemento : là dove c’era l’erba ora c’e una città e quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà ...
Non so no so, perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba, non lasciano l’erba, non lasciano l’erba, non lasciano l’erba, e no ... se andiamo avanti così, chissà, come si farà, chissà, chissà, come si farà.
Lettura
Terzo, Lavoro. Non esiste peggiore povertà materiale — mi preme sottolinearlo — di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro. La disoccupazione giovanile, l’informalità e la mancanza di diritti lavorativi non sono inevitabili, sono il risultato di una previa opzione sociale, di un sistema economico che mette i benefici al di sopra dell’uomo, se il beneficio è economico, al di sopra dell’umanità o al di sopra dell’uomo, sono effetti di una cultura dello scarto che considera l’essere umano di per sé come un bene di consumo, che si può usare e poi buttare.
Oggi al fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione si somma una nuova dimensione, una sfumatura grafica e dura dell’ingiustizia sociale ; quelli che non si possono integrare, gli esclusi sono scarti, “eccedenze”. Questa è la cultura dello scarto, e su questo punto vorrei aggiungere qualcosa che non ho qui scritto, ma che mi è venuta in mente ora. Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo, la persona umana. Sì, al centro di ogni sistema sociale o economico deve esserci la persona, immagine di Dio, creata perché fosse il denominatore dell’universo. Quando la persona viene spostata e arriva il dio denaro si produce questo sconvolgimento di valori.
E per illustrarlo ricordo qui un insegnamento dell’anno 1200 circa. Un rabbino ebreo spiegava ai suoi fedeli la storia della torre di Babele e allora raccontava come, per costruire quella torre di Babele, bisognava fare un grande sforzo, bisognava fabbricare i mattoni, e per fabbricare i mattoni bisognava fare il fango e portare la paglia, e mescolare il fango con la paglia, poi tagliarlo in quadrati, poi farlo seccare, poi cuocerlo, e quando i mattoni erano cotti e freddi, portarli su per costruire la torre.
Se cadeva un mattone — era costato tanto con tutto quel lavoro —, era quasi una tragedia nazionale. Colui che l’aveva lasciato cadere veniva punito o cacciato, o non so che cosa gli facevano, ma se cadeva un operaio non succedeva nulla. Questo accade quando la persona è al servizio del dio denaro ; e lo raccontava un rabbino ebreo nell’anno 1200, spiegando queste cose orribili.
Amerigo (Francesco Guccini)
Probabilmente uscì chiudendo dietro a se la porta verde, qualcuno si era alzato a preparargli in fretta un caffè d’orzo. Non so se si girò, non era il tipo d’uomo che si perde in nostalgie da ricchi, e andò per la sua strada senza sforzo.
Ma quel mattino aveva quel sentimento nuovo per casa e madre, e per scacciarlo aveva in corpo il primo vino di una cantina ; e già sentiva in faccia l’odore d’olio e mare che fa Le Havre, e già sentiva in bocca l’odore della polvere della mina.
L’America era allora, per me i G.I. di Roosvelt, la quinta armata, l’America era Atlantide, l’America era il cuore, era il destino, l’America era Life, sorrisi e denti bianchi su patinata, l’America era il mondo sognante e misterioso di Paperino.
E fu lavoro e sangue e fu fatica uguale mattina e sera, per anni da prigione, di birra e di puttane, di giorni duri, di negri ed irlandesi, polacchi ed italiani nella miniera, sudore d’antracite in Pennsylvania, Arkansas, Texas, Missouri.
Tornò come fan molti, due soldi e giovinezza ormai finita, l’America era un angolo, l’America era un’ombra, nebbia sottile, l’America era un’ernia, un gioco di quei tanti che fa la vita, e dire "boss" per capo e "ton" per tonnellata, "raif" per fucile.
Quand’io l’ho conosciuto o inizio a ricordarlo era già vecchio, sprezzante come i giovani, gli scivolavo accanto senza afferrarlo e non capivo che quell’uomo era il mio volto, era il mio specchio, finché non verrà il tempo, in faccia a tutto il mondo, per rincontrarlo, finché non verrà il tempo, in faccia a tutto il mondo, per rincontrarlo, finché non verrà il tempo, in faccia a tutto il mondo, per rincontrarlo.
Lettura
Per quanto riguarda lo scarto dobbiamo anche essere un po’ attenti a quanto accade nella nostra società. Sto ripetendo cose che ho detto e che stanno nella Evangelii gaudium. Oggi si scartano i bambini perché il tasso di natalità in molti paesi della terra è diminuito o si scartano i bambini per mancanza di cibo o perché vengono uccisi prima di nascere ; scarto di bambini.
Si scartano gli anziani perché non servono, non producono ; né bambini né anziani producono, allora con sistemi più o meno sofisticati li si abbandona lentamente, e ora, poiché in questa crisi occorre recuperare un certo equilibrio, stiamo assistendo a un terzo scarto molto doloroso : lo scarto dei giovani. Milioni di giovani — non dico la cifra perché non la conosco esattamente e quella che ho letto mi sembra un po’ esagerata — milioni di giovani sono scartati dal lavoro, disoccupati.
Nei paesi europei, e queste sì sono statistiche molto chiare, qui in Italia, i giovani disoccupati sono un po’ più del quaranta per cento ; sapete cosa significa quaranta per cento di giovani, un’intera generazione, annullare un’intera generazione per mantenere l’equilibrio. In un altro paese europeo sta superando il cinquanta per cento, e in quello stesso paese del cinquanta per cento, nel sud è il sessanta per cento. Sono cifre chiare, ossia dello scarto. Scarto di bambini, scarto di anziani, che non producono, e dobbiamo sacrificare una generazione di giovani, scarto di giovani, per poter mantenere e riequilibrare un sistema nel quale al centro c’è il dio denaro e non la persona umana.
Già ora, ogni lavoratore, faccia parte o meno del sistema formale del lavoro stipendiato, ha diritto a una remunerazione degna, alla sicurezza sociale e a una copertura pensionistica. Qui ci sono cartoneros, riciclatori, venditori ambulanti, sarti, artigiani, pescatori, contadini, muratori, minatori, operai di imprese recuperate, membri di cooperative di ogni tipo e persone che svolgono mestieri più comuni, che sono esclusi dai diritti dei lavoratori, ai quali viene negata la possibilità di avere un sindacato, che non hanno un’entrata adeguata e stabile. Oggi voglio unire la mia voce alla loro e accompagnarli nella lotta.
La canzone del maggio (Fabrizio De André)
Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio, se la paura di guardare vi ha fatto chinare il mento, se il fuoco ha risparmiato le vostre millecento, anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.
E se vi siete detti non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno arresteranno qualche studente, convinti che fosse un gioco a cui avremmo giocato poco, provate pure a credervi assolti siete lo stesso coinvolti.
Anche se avete chiuso le vostre porte sul nostro muso, la notte che le pantere ci mordevano il sedere, lasciandoci in buonafede massacrare sui marciapiedi, anche se ora ve ne fregate voi quella notte voi c’eravate.
E se nei vostri quartieri tutto è rimasto come ieri, senza barricate senza feriti senza granate, se avete preso per buone le verità della televisione, anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti.
E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte, per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti.
Lettura
Non ci può essere terra, non ci può essere casa, non ci può essere lavoro se non abbiamo pace e se distruggiamo il pianeta. Sono temi così importanti che i popoli e le loro organizzazioni di base non possono non affrontare. Non possono restare solo nelle mani dei dirigenti politici. Tutti i popoli della terra, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, tutti dobbiamo alzare la voce in difesa di questi due preziosi doni : la pace e la natura. La sorella madre terra, come la chiamava san Francesco d’Assisi.
Stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate. Quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore ! Oggi, care sorelle e cari fratelli, si leva in ogni parte della terra, in ogni popolo, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido della pace : Mai più la guerra !
Un sistema economico incentrato sul dio denaro ha anche bisogno di saccheggiare la natura, saccheggiare la natura per sostenere il ritmo frenetico di consumo che gli è proprio. Il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità, la deforestazione stanno già mostrando i loro effetti devastanti nelle grandi catastrofi a cui assistiamo, e a soffrire di più siete voi, gli umili, voi che vivete vicino alle coste in abitazioni precarie o che siete tanto vulnerabili economicamente da perdere tutto di fronte a un disastro naturale. Fratelli e sorelle : il creato non è una proprietà di cui possiamo disporre a nostro piacere ; e ancor meno è una proprietà solo di alcuni, di pochi. Il creato è un dono, è un regalo, un dono meraviglioso che Dio ci ha dato perché ce ne prendiamo cura e lo utilizziamo a beneficio di tutti, sempre con rispetto e gratitudine.
Parliamo di terra, di lavoro, di casa. Parliamo di lavorare per la pace e di prendersi cura della natura. Ma perché allora ci abituiamo a vedere come si distrugge il lavoro dignitoso, si sfrattano tante famiglie, si cacciano i contadini, si fa la guerra e si abusa della natura ? Perché in questo sistema l’uomo, la persona umana è stata tolta dal centro ed è stata sostituita da un’altra cosa. Perché si rende un culto idolatrico al denaro. Perché si è globalizzata l’indifferenza ! Si è globalizzata l’indifferenza : cosa importa a me di quello che succede agli altri finché difendo ciò che è mio ? Perché il mondo si è dimenticato di Dio, che è Padre ; è diventato orfano perché ha accantonato Dio.
Cirano (F. Guccini)
Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto. Infilerò la penna fin dentro al vostro orgoglio perché con questa spada vi uccido quando voglio.
Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati, buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria ma non avete scorza ;
Godetevi il successo, godete finché dura ché il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura ; e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l’ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna però non la sopporto la gente che non sogna. Gli orpelli ? L’arrivismo ? All’amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco.
Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti ; venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false,
che avete spesso fatto del qualunquismo un arte ; coraggio liberisti, buttate giù le carte : tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto assurdo bel paese.
Non me ne frega niente se anch’io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato ; coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco.
Ma quando sono solo con questo naso al piede che almeno di mezz’ora da sempre mi precede ; si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore che a me è quasi proibito il sogno di un amore ; non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute, e quando sento il peso d’essere sempre solo mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo, ma dentro di me sento che il grande amore esiste, amo senza peccato, amo ma sono triste : perché Rossana è bella, siamo così diversi ; a parlarle non riesco, le parlerò coi versi.
Venite gente vuota, facciamola finita : voi preti che vendete a tutti un’altra vita ; se c’è come voi dite un Dio nell’infinito guardatevi nel cuore, l’avete già tradito.
E voi materialisti, col vostro chiodo fisso che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso, le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali ;
tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti. Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco.
Io tocco i miei nemici col naso e con la spada ma in questa vita oggi non trovo più la strada, non voglio rassegnarmi ad essere cattivo tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo ; dev’esserci, lo sento, in terra in cielo o un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto. Non ridere, ti prego, di queste mie parole, io sono solo un’ombra e tu, Rossana, il sole ; ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora ed io non mi nascondo sotto la tua dimora perché ormai lo sento, non ho sofferto invano, se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo Cirano.
Lettura (Matteo 5,3-12)
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Il cantico delle creature (Angelo Branduardi - S.Francesco d’Assisi)
A te solo Buon Signore, si confanno lode e onore, a te ogni laude et benedizione. A te solo si confanno che l’altissimo tu sei, e null’omo degno è te mentovare.
Sii laudato mio Signore con le tue creature specialmente frate sole e la sua luce. Tu ci illumini di lui che è bellezza e splendore di te altissimo Signore porta il segno.
Sii laudato mio Signore per sorelle luna e stelle che tu in cielo le hai formate chiare e belle. Sii laudato per frate vento aria, nuvole e mal-tempo che alle tue creature dan sostentamento.
Sii laudato mio Signore per sorella nostra acqua ella è casta molto utile e preziosa. Sii laudato per frate foco che c’illumina la notte ed è bello giocondo e robusto e forte.
Sii laudato mio Signore per la nostra madre terra ella è che ci sostenta e ci governa. Sii laudato mio Signore vari frutti lei produce e molti fiori coloriti e verde l’erba.
Sii laudato per coloro che perdonano per il tuo amore sopportando infermità e tribolazione. E beati sian coloro che cammineranno in pace che da te bon signore avran corona.
Sii laudato mio Signore per la morte corporale chè da lei nessun che vive può scappare. E beati saran quelli nella tua volontà che sorella morte non gli farà male.